1.
PER
ARGEO DI CEO PUGILE RAGAZZO, VINCITORE
NELLE
GARE ISTMICHE
Balza,
o Fama che doni la gloria,
verso
la sacra Ceo, recando
la
notizia grata
che
nella lotta delle mani audaci
Argeo
riportò la vittoria.
Di
imprese belle ha suscitato il ricordo,
quante
nel glorioso collo dell'Istmo
lasciata
l'isola divina
Euxantide,
noi mostrammo
con
settanta corone.
La
Musa indigena evoca
uno
strepito dolce di flauti,
onorando
con epinici
il
caro figlio di Pantide.
2
PER
IERONE DI SIRACUSA, VINCITORE COL CORSIERO
NELLE
GARE DI OLIMPIA
...
Felice
quell'uomo cui il dio
concesse
una sorte di beni
e,
con invidiato destino,
di
condurre una vita splendida.
Ma
tra i mortali nessuno
è
in tutto felice.
Una
volta - dicono - l'espugnatore di città,
il
figlio invincibile di Zeus
vivida
folgore, penetrò
nella
casa di Persefone caviglie sottili,
per
trarre via dall'Ade, su alla luce,
il
cane dai denti aguzzi,
figlio
dell'orrida Echidna.
Qui,
presso le correnti del Cocito,
tante
anime vide di mortali infelici
quante
sono le foglie che agita
il
vento sulle luminose balze
dell'Ida,
ricco di greggi.
Tra
esse spiccava l'ombra
del
Portaonide dall'animo audace,
tiratore
di lancia.
Come
splendente lo vide nell'armi
il
magnifico eroe figlio di Alcmena,
all'occhiello
agganciò la corda sibilante;
alla
faretra poi tolse il coperchio,
e
trasse un dardo
dalla
punta di bronzo. A lui davanti
apparve
l'anima di Meleagro
che
ben conoscendolo disse:
«Figlio
del grande Zeus,
férmati;
e, l'animo rasserenato,
non
scagliar dalle mani
il
dardo aspro, invano,
contro
anime di morti:
non
temere». Parlò così. Stupì
il signore,
figlio
di Anfitrione,
e
disse: «Chi degli immortali
o
degli uomini allevò un tale rampollo?
E
in quale terra?
Chi
l'uccise? Presto lo invierà
contro
di me Hera
dalla
bella cintura; ma di questo
si
cura la bionda Pallade».
A
lui rispose Meleagro
piangendo:
«Difficile
è
piegare la mente degli dèi
per
gli uomini che vivono sulla terra.
Mio
padre Eneo, domatore di cavalli,
avrebbe
certo placato l'ira di Artemide veneranda,
coronata
di boccioli, dalle braccia bianche,
supplicandola
con
sacrifici di molte capre
e
di buoi fulvi.
Ma
inesorabile la dea serbò
l'ira:
un cinghiale di forza immensa,
feroce,
la vergine lanciò
in
Calidone dalle belle pianure,
che
nella sua potenza qui infuriando
devastava
col dente filari di viti,
sterminava
greggi, e chiunque
degli
uomini incontro gli andasse.
A
lui tremenda guerra noi facemmo,
i
migliori tra i Greci, strenuamente,
per
sei giorni, senza sosta; e quando il dio
offrì
la vittoria agli Etoli,
seppellimmo
coloro che il cinghiale dal forte ruggito
aveva
ucciso, con violenza avventandosi:
Anceo
e Agelao, il migliore
tra
i miei diletti fratelli
che
Altea generò
nella
casa nobile di Eneo.
Molti
ne uccise la sorte funesta:
non
aveva ancora la cacciatrice
valente
deposto l'ira,
la
figlia di Latona: per la fulva pelle
combattemmo
strenuamente
con
i Cureti bellicosi.
Qui,
tra molti altri,
Ificlo
io uccisi
e
Afarete valente, gli impetuosi zii materni.
Ares
violento
non
distingue in guerra un amico,
ma
ciechi i dardi volano via
dalle
mani e contro i nemici s'addensano,
portando
la morte
a
chi vuole il dio.
Questo
non curò
la
valente figlia di Testio,
la
madre sventurata;
e
decise la mia morte, l'impavida donna.
Dalla
cassa ben lavorata trasse e bruciò
il
tizzone dal breve destino:
era
fissato dal fato
che
fosse allora il termine
della
mia vita. Climeno,
figlio
valoroso di Daipilo,
corpo
perfetto
già
stavo spogliando delle armi:
davanti
alle torri l'avevo raggiunto;
gli
altri fuggivano verso
l'antica
città, la ben costruita
Pleurone.
Per breve tempo è ancora a me la vita dolce:
sentii
abbandonarmi le forze,
ahimè;
e traendo gli ultimi respiri, infelice,
piansi
lasciando la giovinezza splendida».
Solo
allora - dicono -
il
figlio intrepido di Anfitrione
bagnò
di pianto le ciglia,
compiangendo
la sorte dell'eroe infelice.
Rispondendo
a lui così disse:
«La
sorte migliore per l'uomo è non essere mai nato,
né
vedere la luce
del
sole. Ma non c'è vantaggio
in
tali lamenti: bisogna parlare
di
quel che si può compiere.
Vi
è nella casa di Eneo,
caro
ad Ares,
una
vergine figlia,
simile
a te nell'aspetto?
Volentieri
la farei mia splendida sposa».
L'ombra
di Meleagro,
forte
in guerra, rispose:
«Deianira,
dal tenero collo,
lasciai
nella casa,
inesperta
ancora di Cipride d'oro,
che
incanta i mortali».